Allentare le tensioni con il rilassamento muscolare progressivo

Il Rilassamento Muscolare Progressivo è una tecnica di rilassamento che porta benefici connessi a tutte le risposte psicofisiologiche conseguenze di alti livelli di tensione: Insonnia causata da elevata tensione muscolare Cefalea muscolo-tensiva Ipertensione Disturbi psicosomatici connessi allo stress Problemi su base fobica ed ansiosa Tutte le situazioni in cui l’acquisizione di uno stato di rilassamento diviene una competenza per affrontare situazioni della vita.

Vuoi sperimentare questa tecnica? Guarda il video qui sotto per le istruzioni:

Esercizio di introduzione alla mindfulness: “Calmo e attento come una ranocchia”

Questo esercizio di meditazione, tratto dal testo “Calmo e attento come una ranocchia” di Eline Siel, è adatto ai bambini dai 5 ai 12 anni ed è un ottimo modo per concentrarsi sulla respirazione diaframmatica e diventare consapevoli di come ci si sente dentro e fuori. Può essere fatto anche insieme ai genitori ed è utile a: migliorare la concentrazione, essere meno impulsivi ed esercitare un controllo sulle proprie emozioni senza reprimerle nè giudicarle. Trova un luogo tranquillo, in cui non puoi essere interrotto, allontana fonti di disturbo e prepara un tappetino, mettiti comodo e ascolta la traccia audio.

Pronti?

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Sono diventato un adulto?

Si diventa adulti con la maggiore età? quando si trova un lavoro? O quando si va a vivere da soli? 

L’eta anagrafica e le tappe che superiamo non sempre corrispondono al raggiungimento dell’età adulta. Questa mancanza di sincronia a volte fa soffrire se stessi e chi ci sta accanto. Diventare adulti sani e responsabili è un cammino lungo, faticoso e non sempre automatico. Una vera e propria arte che ha come ingredienti il coraggio e la consapevolezza.

Che cos’è che ci blocca a restare eterni fanciulli?

Le cause possono essere esterne ed interne all’individuo: da un lato la società moderna ci chiede implicitamente di restare sempre giovani, produttivi, belli e spensierati, dall’altra ci possono essere dentro di noi  ferite dell’infanzia(come il rifiuto o la paura dell’abbandono) o bisogni insoddisfatti che continuano a influenzare il presente.
L’adulto che non riesce a raggiungere la maturità può cercare continuamente di soddisfare bisogni non realizzati nella sua vita attuale, fa fatica a distinguersi dal partner o dai genitori, può sentirsi in colpa per quello che fa, cerca gratificazioni. 
 “Adulto è colui che ha preso in carico il bambino che è stato, ne è diventato il padre e la madre.
Adulto è colui che ha curato le ferite della propria infanzia, riaprendole per vedere se ci sono cancrene in atto, guardandole in faccia, non nascondendo il bambino ferito che è stato, ma rispettandolo profondamente, riconoscendone la verità dei sentimenti passati, che se non ascoltati, diventano presenti, futuri, eterni.
Adulto è colui che smette di cercare i propri genitori ovunque e ciò che loro non hanno saputo o potuto dare.
Adulto è chi si assume le proprie responsabilità delle proprie scelte, delle proprie azioni, delle proprie paure e delle proprie fragilità.
Responsabile è chi prende la propria vita in carico, senza più attribuire colpe.
Sembrano adulti ma non lo sono affatto.
Chi da bambino è stato umiliato, chi ha pensato di non esser stato amato abbastanza, chi ha vissuto l’abbandono e ne rivive costantemente la paura, chi ha incontrato la rabbia e la violenza, chi si è sentito eccessivamente responsabilizzato, chi ha urlato senza voce, chi la voce ce l’aveva ma non c’era nessuno con orecchie per sentire, chi ha atteso invano mani, chi ha temuto le mani.
Per tutti questi “chi”, se non c’è stato un momento di profonda rielaborazione, se non si è avuto ancora il coraggio di accettare il dolore vissuto, se non si è pronti per dire addio a quel bambino, allora “l’adultità” è un’illusione.
Io ho paura di questi bambini feriti travestiti da adulti, perché se un bambino ferito urla e scalcia, un adulto che nega le proprie emozioni è pronto a fare qualsiasi cosa.
Ciò che separa il bambino dall’adulto, è la consapevolezza.
Ciò che separa l’illusione dalla consapevolezza è la capacità di sostenere l’onda d’urto della deflagrazione del dolore accumulato. Ciò che rimane dopo che il dolore è uscito è amore, empatia, accettazione e leggerezza.
Adulto è colui che ha preso in carico il bambino che è stato e ne è diventato il padre e la madre.”
Queste sono le parole di Janusz  Korczak, pedagogista, scrittore e medico polacco di origine ebraica, vittima della Shoah.
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Se questa sfida diventa troppo faticosa, chiedi aiuto ad uno psicologo che può guidarti in questo viaggio di consapevolezza.
Come V. che dopo due mesi sta iniziando a distinguersi dai suoi genitori e ora mi dice: “Quando mi hanno risposto così male, li ho guardati e per la prima volta ho pensato che deve esser stato davvero molto difficile per loro essere dei genitori dopo tutto quello che hanno passato in famiglia da piccoli, penso che io posso essere diversa da loro, sono un altra cosa.”

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“Non mi va di uscire!” La vita dopo il lockdown e la sindrome del prigioniero

Da qualche giorno il nostro Paese si prepara gradualmente, con le dovute cautele, a riprendersi dei pezzetti di libertà e di ritorno a lavoro, come una grande prova generale in cui fare le stesse attività di sempre, ma con un’attenzione costante a nuovi rituali e nuove distanze. Le emozioni provate ci accomunano, l’uomo di fronte a una minaccia esterna può provare ansia, paura, angoscia, tristezza: sono meccanismi automatici. I pensieri che facciamo per interpretare quello che accade e i comportamenti che mettiamo in atto in seguito sono differenti. Non tutti, infatti, reagiamo allo stesso modo di fronte a una minaccia o a dei cambiamenti.  Gli stressors, per usare un termine tecnico, così intensi generano nelle persone conseguenze differenti a seconda di quale siano l’età, le condizioni di vita e le modalità del confinamento.

Ci può aver destabilizzato, a volte esasperato, preoccupato o rassicurato per alcuni aspetti, ci ha messo di fronte a un banco di prova importante: l’adattamento. Allo stesso modo questo nuovo passaggio ci chiede una nuova possibile modifica, dopo esserci faticosamente costruiti una nuova routine, siamo alle prese con gli effetti di una possibile ripresa che non sa di corsa liberatoria, ma più di un timido affacciarsi mantenendo la consapevolezza dell’incertezza.

Uscire o non uscire? Questo è il problema!

In questi giorni, mentre molti hanno provato il costante desiderio di uscire e riprendere la vita di prima, altri hanno riscoperto la gioia di godersi la propria casa.49191685fecb92ba2a07f779b841efb1

Hanno imparato nuovi hobby, la piacevolezza di passare del tempo con i propri cari o a stare soli con se stessi, una prova non sempre facile aggiungerei, in tanti hanno modificato il loro modo di lavorare, altri lo hanno perso. C’è anche chi è stato malato, ha perso dei cari, ha aiutato senza sosta, chi ha avuto il timore di essere stato contagiato. Tutti abbiamo subito una metamorfosi trasformando “le scarpe in ciabatte” e faticosamente ci siamo adattati ad una nuova quotidiniaità dove anche la pizza il sabato sera non è più una certezza.

Io faccio parte di questo gruppo e di tutte quelle persone che in questa fase e nelle prossime si troveranno ad affrontare quella che spesso viene citata come “Sindrome del prigioniero” o “della capanna”.

Vi riporto dei piccoli esempi di messaggi ricevuti o di preoccupazioni emerse durante i colloqui:

“Mi sento in una gabbia d’oro, a casa mi sento protetta, a volte si.. vorrei uscire e penso a tutte le cose che potrei fare, poi arriva il momento di fare la spesa o di andare in farmacia e l’ansia mi blocca, sento una stretta allo stomaco e mi sento tesa”.

“E’ normale che tipi ansiosi come me.. hanno quasi paura di rincontrare persone e uscire di casa?”

“Provo ansia al pensiero di dover riprendere i mezzi pubblici per tornare a lavoro, la vivo male. Mi sento stanco solo al pensiero, non credo di farcela. A casa ho il mio equilibrio,  e finalmente ho trovato anche tempo per me.”.

“Ho litigato con mio figlio, lui non capisce, vorrebbe tornare a calcio e rivedere gli amici, io sono terrorizzata al pensiero che possa uscire, non mi sento al sicuro e la notte non dormo più”.

Ti riconosci in queste parole? E’ normale?

Provare paura o ansia nell’eventualità di uscire dal luogo di isolamento forzato può essere una reazione comune. E’ frequente ad esempio nei carcerati quando arriva il momento di essere dimessi. La parola sindrome non mi piace molto, mi piace più pensare ad una reazione di angoscia e malessere più o meno intenso che nella maggior parte dei casi è temporaneo e che passerà non appena avremo le risorse per riadattarci e notizie più rassicuranti.

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Cosa fare per affrontarla?

Alcuni ci potranno convivere,altri dovranno affrontarla perchè costretti a uscire per necessità. Il nostro cervello apprende continuamente informazioni dall’esterno, e la paura per proteggerci le marchia come un timbro, un inchiostro volutamente non sempre facile da cancellare. Siamo stati circondati di messaggi che hanno attivato questa rezione: i vari slogan con gli hastag, #iorestoacasa, le notizie drammatiche, i dati con numeri ancora troppo alti di contagi, le dirette delle conferenze stampa, la ricerca a volte disperata di amuchina, guanti e mascherine, le file infinite al supermercato e l’impossibilità di trovare una data sicura sul nostro calendario, hanno creato una mappa di stimoli da cui proteggersi.

Per liberarsene si dovrà procedere per gradi. Imparare ad accettare e ascoltare ansia e paura, procedere per piccoli percorsi, prima quelli che consideriamo più sicuri, pochi passi e pochi incontri, persino buttare la spazzatura può essere un punto di partenza per poi aumentare di metro in metro. Fondamentale sarà lavorare sui pensieri, molti potrebbero essere irrazionali, e se necessario tecniche adeguate per disinnescare ansia o attacchi di panico, per far questo sarà importante l’aiuto di un professionista. A volte basta davvero poco per vivere meglio.

 

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Ansia e paura nei bambini: attività e giochi

In questa seconda parte del video vedremo nella pratica quali giochi e attività proporre al bambino, in base alla sua età e alle sue caratteristiche per rassicurarlo e favorire il rilassamento.
Massaggi, fiabe, giochi in cui utilizzare la respirazione, training autogeno e altre strategie per stargli accanto e aiutarlo. E’ una buona occasione per riscoprire il bambino che c’è in ognuno di noi e rilassarci insieme.
Per guardare il video clicca qui.
Queste sono le istruzioni per costruire il barattolo della calma (Calm Jar) della Montessori.
BARATTOLO DELLA CALMA ISTRUZIONI
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Buona creatività!

Ansia e paura nei bambini: come riconoscere i segnali

Spesso è difficile capire quello che i bambini provano, soprattutto se stanno vivendo una situazione stressante. In questo video ti aiuterò a riconoscere i segnali che ci fanno capire se è ansioso o spaventato.

Per guardare il video clicca qui .

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L’amore che ferisce: 10 segnali per riconoscerlo.

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L’amore che ferisce non è amore, una frase che si legge o si sente spesso ed è condivisa da tutti. Si è sempre più sensibili sull’argomento e se ne parla di più. Ma i dati statistici di violenze all’interno della coppia e i fatti di cronaca sono sempre più allarmanti. Si da attenzione maggiore alla violenza contro le donne perchè statisticamente più rilevante e allarmante.

Oggi, 25 novembre, ricorre la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, secondo l’Istat:

Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner, parenti o amici. Gli stupri sono stati commessi nel 62,7% dei casi da partner, nel 3,6% da parenti e nel 9,4% da amici. Anche le violenze fisiche (come gli schiaffi, i calci, i pugni e i morsi) sono per la maggior parte opera dei partner o ex. Gli sconosciuti sono autori soprattutto di molestie sessuali.

Gli uomini che compiono atti di violenza sulle donne, sia fisici che psicologici, sono tanti, troppi e nella maggior parte dei casi da persone che le donne hanno scelto a loro fianco: fidanzati, mariti, ex e amici non corrisposti. Tante sono le possibilità per fortuna di chiedere aiuto, meno gli interventi preventivi. Interventi preventivi fondamentali per aiutare le donne a trovarsi sempre meno in relazioni dannose e pericolose, ma anche per crescere uomini migliori.

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Come porre fine a tutto questo?

Le armi più potenti sono l’informazione e la consapevolezza.

E’ fondamentale che le donne già in età preadolescenziale siamo consapevoli delle loro fragilità, che quasi sempre le rendono più vulnerabili alla scelta di un “principe” carnefice, e siano pronte a riconoscere una persona pericolosa prima di instaurare una relazione. Molte donne fragili, con una personalità dipendente, timorose del giudizio e di restare sole o che hanno avuto esperienze familiari di violenze tendono a ricercare questo modo di amare, lo riconoscono come unico possibile. Intrappolate tra l’illusione di cercare l’amore delle favole e lo scendere a compromessi , non vedono la realtà.

Gli uomini aggressivi presentano in genere determinate caratteristiche ben riconoscibili ed individuabili. Ecco i 10 segnali a cui fare attenzione:

 

 

 

 

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Questi segnali sono molto semplificati poichè le dinamiche interne e le caratteristiche che scatenano reazioni violente sono spesso più complesse, ma questi piccoli segnali sono utili a proteggersi e a trovare il coraggio per intraprende un percorso che porta come traguardo alla forma di amore più grande e appagante: l’amore per se stessi.

 

Dott.ssa Ivana Maltese

Psicologa

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Come gestire il tempo?

Siamo abituati a pensare al tempo come qualcosa di estremamente oggettivo. Una vera e propria sicurezza. Eppure in psicologia il concetto di tempo diventa estremamente soggettivo, talvolta caratterizza la nostra personalità. La percezione può essere distorta. Basta pensare che ad un appuntamento il ritardatario, ottimista per natura, pensa di avere più tempo a disposizione mentre la persona previdente è già proiettato nel “dopo” e pronto prima dell’ora stabilita.

Nella nostra società, il rapporto con il tempo è una delle principali fonti di stress. In certi momenti della vita abbiamo costantemente la sensazione di non avere mai abbastanza tempo per fare tutto quello che dovremmo fare; lo rincorriamo in modo incessante,  mentre in altri momenti della vita  sembra non passare mai e ore e giorni sembrano interminabili. Queste vere e proprie distorsioni del tempo possono interferire con il nostro benessere. Sembra folle, ma la soluzione è il “non fare”.

La sfida è sperimentare come il tuo rapporto con il tempo si possa trasformare smettendo di “agire”.

Siamo abituati a pensare che per risolvere un problema dobbiamo FARE qualcosa. Probabilmente in molti momenti le tue azioni “creano” dell’infelicità, della noia o dell’ansia.

Forse passi una gran parte della tua vita in compagnia dei pensieri e dei ricordi del passato, rivivendo momenti piacevoli e spiacevoli, o a “produrre” rabbia per cose accadute molto tempo fa. Questo può stancare e rendere le nostre giornate infelici.

La soluzione?

Gli stati mentali negativi non sopravvivono in una dimensione senza tempo. La nostra esperienza soggettiva del passare delle ore o dei minuti sembra legata al pensiero.

Pensiamo al passato, pensiamo al futuro. Restiamo ancorati ad un tempo che non c’è più e/o ad un tempo che deve ancora arrivare. Siamo in trappola.

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Il tempo è lo spazio che intercorre tra i nostri pensieri e ne misura lo scorrere incessante.

La meditazione è uno strumento potentissimo per la nostra salute e ce lo dicono innumerevoli studi scientifici: migliora le nostre abilità cognitive come l’attenzione e la memoria, rinforza la risposta immunitaria, la muscolatura si rilassa, ha un azione analgesica del dolore poichè interviene nel cervello sulla percezione, diminuisce il bisogno di sonno e i vasi sanguigni si dilatano abbassando la pressione. L’utilizzo più frequente è contrastare l’ansia e la depressione.

La meditazione Mindfulness oggi è utilizzata moltissimo.

Ma che cosa vuol dire?

“Mindfulness significa prestare attenzione intenzionalmente e in maniera non giudicante allo scorrere dell’esperienza nel presente momento per momento”

Il concetto fondamentale è non giudicante. Questo solitamente non piace alla nostra mente. Siamo troppo abituati a dare giudizi. Questa cosa che sta accadendo è buona o cattiva per me? È bella o brutta? Mi farà stare bene o male?

Questo siamo abituati a fare davanti alle esperienze: le interpretiamo, spesso in base al nostro passato, e le giudichiamo.
Esercitare la mindfulness significa smettere di farlo, o quanto meno provarci. Maturare un atteggiamento di totale apertura, curiosità e gentilezza verso ciò che accade. Essere presenti, attenti, concentrati. Accettare tutto ciò che viene, senza fare nulla per trattenerlo o per allontanarlo, lasciando che sia e che scorra come tutto scorre.

Negli esercizi di meditazione che propongo all’aperto la sfida è ancora più consapevole perchè lo scorrere dei pensieri ha un aiuto prezioso quello della natura. La percezione di lasciar scorrere i pensieri è resa più consapevole ad esempio dal vento leggero che ci accarezza o dall’acqua che scorre intorno. Le sensazioni che le persone riportano nella condivisione fanno capire come la natura diventa un guscio in cui potersi abbandonare. Un ritorno alle origini. E’ essere liberi dal tempo, consapevoli solo del momento presente.

Quelle che vedi nelle slide sono foto e parole significative immortalate durante la gironata #Fermailtempo del 10 giugno 2018 alle cascate di Chia (VT).

 

Prossimo evento:

https://www.facebook.com/events/397886017358183/

Se vuoi fare questa esperienza contattami  per essere informato sui prossimi eventi.

 

Memento: Viaggio al centro della memoria

Ti sarà sicuramente capitato di leggere un libro o di vedere un film e scoprire  poco tempo dopo che molte informazioni sembrano misteriosamente svanite dal cervello.

Il nostro cervello per non sovraccaricarsi, preferisce lasciar andare alcune informazioni subito dopo averle apprese. D’altra parte se accumulassimo  tutte le informazioni con cui entriamo in contatto ogni giorno della nostra vita dovremmo avere uno spazio di immagazzinamento infinito. Il cervello invece conserva solo ciò che ritiene utile per noi ( quello che ci ha emozionato o aiutato in qualche esperienza) o ciò che abbiamo appreso tramite la ripetizione.

Che succede alle informazioni che perdiamo? E’ un questione di TEMPO!

A scoprirlo è stato Hermann Ebbinghaus, intorno al 1885, che ha teorizzato gli studi sulla curva dell’oblio. 

Ha memorizzato sillabe senza senso e ha provato a ricordarle a distanza di tempo. Nell’asse cartesiano ha inserito la percentuale di sillabe ricordate e il tempo trascorso.principi_chiave_formazione_duratura_2

Grazie al suo contributo abbiamo scoperto anche altri due fenomeni presenti se proviamo a ricordare una lista di parole: l’effetto di recenza (recency effect) e l’effetto di priorità (primacy effect). Cioè la memoria è maggiore per i primi elementi e gli ultimi.

Tramite un esercizio pratico, simile a un famoso test che si utilizza nelle valutazioni neuropsicologiche, abbiamo scoperto quanti elementi la nostra mente è in grado di memorizzare in breve tempo e quali criteri ci fanno ricordare meglio le informazioni.

Abbiamo parlato anche di disturbi della memoria e di come è importante dai 50 anni in su prevenire le demenze.

Per immedesimarci con le emozioni che provano i pazienti con questi problemi le abbiamo vissute di persona immedesimandoci in una storia carica di stati emotivi, confusione e mistero.

Ecco qualche momento della serata di ieri: “Memento” alla scoperta della memoria. E’ sempre bello vedere tanti partecipanti attenti e pronti a mettersi in gioco.  Grazie per questo bel momento di condivisione!

 

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Dott.ssa Ivana Maltese

Psicologa

Specializzata in Neuropsicologia Clinica

 

 

 

 

Quando fare uno screening cognitivo?

Che cos’è?

Lo screening cognitivo è la prima fase della valutazione neuropsicologica, in cui si raccolgono e si interpretano informazioni sul comportamento, le capacità cognitive, la personalità e, nel caso fosse necessario, il potenziale riabilitativo.

Può essere fatta nell’età evolutiva ( per escludere ad es. disturbi d’apprendimento o difficoltà collegate a patologie genetiche) o in età adulta.

Questo avviene tramite un colloquio in cui la persona può aprirsi con lo specialista e raccontare eventuali difficoltà, test standardizzati specifici che indagano l’efficienza cognitiva (memoria, attenzione, linguaggio, percezione e ragionamento) e la restituzione, cioè la condivisione di quanto emerso.

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Chi deve farla?

E’ importante effettuare una valutazione neuropsicologica nell’età adulta:

→ quando compaiono difficoltà nella gestione delle attività quotidiane, quando ci sono episodi di perdita progressiva dell’orientamento nel tempo e nello spazio, difficoltà di memoria,  disturbi del comportamento e/o alterazioni dell’umore.

→  in seguito a danni cerebrali causati da diversi eventi patologici, quali malattie degenerative (per esempio, malattia di Alzheimer), ictus cerebrali, traumi cranici (ad esempio, dopo incidenti stradali), tumori cerebrali, malattie demielinizzanti (per esempio, Sclerosi Multipla), malattie psichiatriche (depressione, ritardo mentale, disturbi di personalità).

tra i 55 e i 75 anni per fare prevenzione e migliorare le prestazioni cognitive. E’ noto a tutti che col passare degli anni le capacità di concentrazione, di associare idee, di elaborare pensieri e prevedere eventi vengono indebolite. Una mente allenata è una mente che subisce meno l’impatto dell’invecchiamento cerebrale e ostacola il progredire delle demenze.

Se sei tra questi e vuoi prenderti cura di te, togliti ogni dubbio e contatta un professionista per prenotare uno screening cognitivo.

telPer prenotare uno screening cognitivo:

Dott.ssa Ivana Maltese

Psicologa, Specializzata in Neuropsicologia Clinica

tel. 393 5067966  – ivana.maltese@live.com

 Studio di Riabilitazione Fisiomen, via Vulcano 5 Monterotondo (Roma).