Le caratteristiche cliniche dell’Alzheimer possono variare notevolmente da soggetto a soggetto, tuttavia è una malattia in cui il paziente e la sua famiglia dovranno comunque rassegnarsi a un decadimento delle sue funzioni cerebrali e a una limitazione progressiva della sua autonomia.
La perdita della memoria è il primo sintomo che compare e purtroppo anche uno dei più drammatici. I ricordi che sbiadiscono sempre di più sono ciò che disorienta il paziente, che gli fa perdere un identità e che crea nelle sue persone care una ferita incolmabile. E’ incapace di completare azioni quotidiane, difficoltà ad orientarsi nei luoghi o nel tempo, difficoltà nel condurre una conversazione, ecc..
Sempre più studi sperimentali stanno portando alla luce un sintomo che va “controcorrente”, cioè qualcosa che invece di peggiorare può migliorare incredibilmente: la creatività.
Nel Journal of Alzheimer’s Disease, viene riportato a luglio uno studio dei ricercatori del Neuroscience Research Australia intitolato “Non tutto è perduto” in cui si fa il resoconto di tanti studi già pubblicati. Gli autori riportano che “Abilità creative come pittura, disegno e canto, che prima non erano evidenti in un individuo, possono emergere o migliorare in pazienti con malattia di Alzheimer o demenza frontotemporale”.
L’ipotesi è “che la demenza colpisce il cervello in maniera progressiva. L’atrofia nelle fasi iniziali è piuttosto localizzata. Ma quando si estende può spingere all’attivazione le regioni che vengono risparmiate. Le attività cognitive come memoria e linguaggio declinano rapidamente, mentre le facoltà musicali poggiano su circuiti meno intaccati dalla malattia”.
Gli studiosi continuano a studiare questo fenomeno rintracciando nella storia di vari artisti questo collegamento. Come il caso di Maurice Ravel, musicista, che si ammalò di una demenza progressiva all’età di 52 anni che gli tolse gradualmente la capacità di parlare, scrivere e suonare e che scrisse proprio allora la sua opera più celebre, il famosissimo “Bolero” (1928).
Anne Adams, biologa canadese, malata di afasia progressiva probabilmente di demenza come Ravel, crea delle opere intitolate”Unravelling Bolero” (1994) cercando di rappresentare visivamente ciò che il suo più famoso brano esprimeva. La trasformazione del Bolero in forma visiva è chiaro e strutturato. L’Altezza delle forme corrisponde al volume della musica, mentre i colori rimangono unificati fino alla comparsa di figure arancio e rosa che annunciano la conclusione drammatica del brano.
"Unravelling Bolero", Anne Adams (1994)
Oggi molte associazioni e centri per l’Azheimer prevedono progetti per lo sviluppo della creatività, corsi di pittura, musica o visite guidate a musei, come accade per esempio al Moma di New York o al Museo d’Arte moderna e delle Belle arti di Boston. Anche in italia ci sono molti progetti simili. Ad esempio Massimo Marianetti, che ho il piacere di avere come formatore, neurologo e psicoterapeuta del Centro Sperimentale Alzheimer dell’Istituto San Giovanni di Dio-Fatebenefratelli di Genzano collabora con la Galleria Nazionale d’Arte moderna e contemporanea di Roma per effettuare durante il ricovero un ciclo visite di “Museoterapia”.
"Migraine", Anne Adams (1998).
Puoi trovare altre info su altri progetti svolti cliccando qui, o qui.
Dott.ssa Ivana Maltese, Psicologa
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