Un’estate piena di tante speranze per sconfiggere una delle patologie più diffuse e debilitanti. Sono i primi successi significativi della ricerca in questo settore.
Attualmente i farmaci prescritti ai malati di Alzheimer, aiutano in parte a controllare i sintomi, ma non impediscono il deterioramento del cervello.
In Italia le malattie neuro degenerative come l’Alzheimer colpiscono 1,2 milioni di persone e purtroppo questo dato aumenterà nei prossimi decenni del 400% a causa dell’invecchiamento della popolazione.
La causa di questa malattia e dei suoi sintomi è stata individuata nell’accumulo di una proteina chiamata beta-amiloide, considerata responsabile della morte neuronale. Questa sostanza in eccesso si deposita sulle membrane cerebrali formando delle placche che inibiscono le sinapsi, non essendoci collegamento tra i neuroni questi sono destinati a morire.
Le conseguenze di queste placche causate dalla beta-amiloide sono collegate a un’altra proteina tossica, chiamata Tau. Le proteine tau solitamente servono a facilitare l’espulsione dalla cellula di proteine potenzialmente tossiche, quando questa è anomala questa esplusione non avviene più. Purtroppo, il meccanismo che porta alcuni soggetti a produrre la beta amiloide e ad ammalarsi di Alzhaimer è ancora un mistero, anche se senza dubbio lo stile di vita e l’avanzamento dell’età media giocano un ruolo importante.
Passiamo alle incoraggianti notizie che provengono dalla ricerca.
A Toronto nel mese di luglio, in occasione della Conferenza Internazionale dell’Associazione Alzheimer, sono stati presentati i risultati di un farmaco chiamato LMTX che sarebbe in grado di fermare il declino mentale, l’indebolimento della memoria e di ridurre la progressione della malattia dell’80%.
Le risonanze magnetiche hanno rivelato che l’atrofia cerebrale nei pazienti trattati con LMTX si riduceva del 33-38%, rispetto a quelli che avevano preso il placebo.
Mentre i test neuropsicologici, dopo 15 mesi, hanno rivelato che in coloro che assumevano il farmaco da solo senza altri farmaci sia le abilità cognitive che lo svolgere i compiti quotidiani, avevano avuto un deterioramento molto più lento rispetto al gruppo di controllo. Questo farmaco agisce sulla proteina tau anomala ma non ha effetti positivi su pazienti che assumono altri medicinali.
Facciamo un salto e andiamo a Zurigo, dove viene presentato un altro farmaco. Si chiama Aducanumab, è un anticorpo monoclonale, sviluppato da una statunitense, che “insegna” al sistema immunitario il riconoscimento delle placche. Il medicinale è stato testato su un gruppo di 165 persone con Alzheimer . Chi ha ricevuto il farmaco ha mostrato una progressiva riduzione delle placche. I dati riportano che solo dopo un anno le placche sono quasi completamente scomparse.
Questi studi hanno ancora necessità di essere confermati nel tempo e su campioni più vasti.
Tuttavia anche se bisogna festeggiare con moderazione, possiamo dire con cautela che ci si sta avvicinando ad una soluzione sempre più concreta per curare l’Alzheimer.
Incrociamo le dita e speriamo nella ricerca.
Dott.ssa Ivana Maltese
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Per approfondimenti:
- Su Aducanumab, leggi l’articolo originario pubblicato su “Nature”, cliccando qui.
- Su LMTX, ci sono altre informazioni su questo farmaco, cliccando qui.
- Per altre informazioni sulla malattia, consulta il sito dell’ Alzheimer’s Association, cliccando qui